domenica 20 dicembre 2009

Sleep Dealer - Recensione

Sleep Dealer
USA/Messico, 2008, colore, 90 min
Regia: Alex Rivera
Sceneggiatura: Alex Rivera, David Riker
Cast: Leonor Varela, Jacob Vargas, Luis Fernando Peña


Sleep Dealer è ambientato in un futuro non troppo distante dove le persone possono collegarsi ad una rete informatica globale utilizzando prese impiantate nei loro corpi in grado di interfacciarsi al sistema nervoso. Gli Stati Uniti hanno innalzato un muro lungo il confine col Messico, ma il paese consente ancora l'assunzione di lavoratori messicani che una volta collegati possono controllare a distanza dei robot. Gli sbocchi lavorativi sono molteplici e vanno dalla classica raccolta delle arance fino al babysitting. In questo contesto, una compagnia privata si è appropriata del rifornimento idrico, mediante la costruzione di una diga, di una vasta regione del Messico. Per gli abitanti della zona, costretti a comprare un bene che appartiene loro da sempre, la vita non è facile. Sullo sfondo, un gruppo ribelle per la ridistribuzione dell’acqua ingaggia una lotta impari contro lo strapotere militare, altamente tecnologico, della compagnia.
Memo Cruz è un ragazzo che vive in un isolato villaggio non tecnologico, che sogna di lavorare in una fabbrica high-tech a Città del Messico, una delle Sleep Dealer che danno il titolo al film. Un giorno costruisce una trasmittente che gli permette di captare segnali dal resto del mondo, unico modo di evadere dall’antiquato contesto agricolo che sembra stritolarlo. Riesce a origliare casualmente le comunicazioni di un’azione antiterrorismo ma la trasmissione viene intercettata e la sua vita cambierà per sempre.

Non si può che elogiare come il regista Alex Rivera sia riuscito a massimizzare il budget irrisorio per portare avanti la sua visione.
Ci troviamo di fronte ad un’immagine del futuro dove gli impianti neuronali, la telerobotica e l’ubiquità garantite dalle rete di computer sono schiave dell’economia globale. Un futuro dove le multinazionali utilizzano lavoratori stranieri per far funzionare a distanza la tecnologia occidentale. Emblematica a questo proposito è la frase più bella del film, pronunciata dal supervisore di una fabbrica, che recita così: “Abbiamo dato agli americani tutto quello che hanno sempre voluto: tutto il lavoro e nessuno dei lavoratori.” Unico requisito richiesto sono prese impiantate nel corpo e diventare letteralmente schiavo del sistema.
La sceneggiatura, firmata dallo stesso Rivera, sottolinea la totale libertà creativa di cui ha potuto godere il regista. La carne al fuoco è veramente tanta, forse troppa. Alcuni temi, come la deformazione della realtà ad opera dei media, sono altamente inflazionati, ma non mancano idee degne di nota. Data la natura di film cyberpunk, la tecnologia assume un ruolo preponderante. Nel mondo di Sleep Dealer se servono soldi extra c’è sempre l’e-bay futuristico dove è possibile vendere i propri ricordi. Se si vuole intraprendere la carriera militare è possibile farlo a rischio zero, combattendo il “nemico” tramite droni senza lasciare il quartier generale. Ma il regista ci ricorda che, paradossalmente, nonostante siamo in possesso di avanzate tecnologie di comunicazione in grado di annullare le distanze, i muri continuano ad essere costruiti ed i confini rimangono ben marcati.
I pochi innesti in CGI di fattura economica non sviliscono un film “militante” dai notevoli spunti di riflessione di un regista che ama profondamente il proprio paese.
Prensentato in concorso all’edizione 2008 del Sundance Film Festival, ha ricevuto l’ Alfred P. Sloan Prize.



2 commenti:

Deckard ha detto...

È questo il cinema indie che mi piace! Questo sleep dealer non guarda in faccia a nessuno. Altro che tutte quelle commedie fatte con lo stampino che si vedono al sundance: buoniste ma non troppo, irrivernti ma non troppo, con temi seri ma non troppo!

p.s.: ellen page è il male

Morrigan ha detto...

gran bel film, meno male che qualcuno ne parla. Ti seguirò!

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