venerdì 15 gennaio 2010

Cypher - Recensione

Cypher
USA, 2002, colore, 95 min
Regia: Vincenzo Natali
Sceneggiatura: Brian King
Cast: Jeremy Northam, Lucy Liu, David Hewlett, Nigel Bennett

Dopo il claustrofobico debutto con Cube, realizzato con due lire e molta fantasia, Vincenzo Natali torna alla regia con una nuova storia labirintica che esplora i temi di realtà, identità e manipolazione. Stavolta non saremo chiamati ad esplorare un avveniristico cubo kafkiano ma a scoprire la verità che si cela in mezzo al groviglio di identità, doppi e tripli giochi, che questo thriller fantascientifico ci propone nella sua struttura a scatole cinesi.
L’anonimo ed insicuro Norman Sullivan (Jeremy Northam) decide di accettare un incarico per la Digicorp, una multinazionale che si occupa di spionaggio industriale. Gli vengono forniti una nuova identità, da gestire a suo piacimento (reinventandosi nell‘uomo di mondo Jack Thursby), e il compito apparentemente semplice di assistere a convention sparse per il paese e registrare il tutto. Ad una di queste convention Norman, già completamente immedesimato nel suo alter-ego, incontra la femme-fatale Rita (Lucy Liu) che sembra sapere molte cose sul suo conto e lo informa che non tutto è come sembra. Quello che era partito come un affascinante gioco per uscire dalla monotonia della quotidianità si rivela essere parte di una finzione globale in cui tutti, consapevoli o meno, recitano la propria parte in un copione già scritto e dove i lavaggi del cervello sono all’ordine del giorno.
Sebbene il ritmo del film sia piuttosto lento, i diversi twist che cambiano radicalmente le carte in tavola mantengono vivo l’interesse dello spettatore per l’opaco mondo di Cypher.
Il look fantascientifico del film si deve in larga parte ad una fotografia asettica capace di donare un’atmosfera straniante ad un’ambientazione decisamente attuale. Interessante l’utilizzo del colore che segue di pari passo l’evoluzione del personaggio di Norman man mano che si avvicina alla consapevolezza della propria identità. Immancabili le strizzate d’occhio al cinema noir, dal quale la fantascienza distopica spesso attinge (Blade Runner, Brazil, Gattaca).
Curiosamente la sceneggiatura risulta criptica ed ingarbugliata nello svolgimento della storia ma non altrettanto nei suoi sottotesti. È evidente la metafora sulla strumentalizzazione delle multinazionali sui propri dipendenti, ridotti a mere pedine di un gioco più grande di loro.
Lo stile ricercato del regista canadese che si trova a proprio agio con le geometrie degli interni ben si presterà all’adattamento del classico di J.G. Ballard “Il Condomio“.

1 commento:

Eraserhead ha detto...

Ma allora questo Natali è proprio bravino. Io ho visto da poco Nothing e l'ho trovato molto godibile.

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