venerdì 10 settembre 2010

Vampires - Recensione

Vampires
Belgio, 2010, colore, 88 min
Regia: Vincent Lannoo
Sceneggiatura: Vincent Lannoo, Frédérique Broos Cast: Carlo Ferrante, Vera Van Dooren, Pierre Pognay, Fleur Lise Hevet, Benedicte Bantuelle, Selma Alaoui, Baptiste Sornin, Paul Ahmarani, Alexandra Kamp, Julien Dore

Non si può parlare di Vampires senza citare il mockumentary belga Man Bites Dog (da noi Il cameraman e l’assassino), datato 1992, che grazie al suo straordinario tasso d’anarchia ha assunto lo status di cult movie. In Man Bites Dog una troupe televisiva decide di realizzare un documentario su un assassino follemente eccentrico che parla senza remore della sua occupazione e, soprattutto, illustra il suo modus operandi di fronte alla telecamera. Quasi vent’anni dopo il film ispiratore, il Belgio sforna Vampires e il falso documentario si sposta dai killer psicopatici ai vampiri. Vampires non possiede la carica disturbante e non raggiunge le vette d’orrore del classico di Remy Belvaux e André Bonzel, preferendo schiacciare il piede sull’acceleratore di un umorismo cinico e malsano. Il risultato è un film fresco che non rinuncia ai momenti forti, un’intelligente satira della società belga ottimamente supportata dalla prestazione corale degli attori.

Dopo svariati tentativi (e svariati documentaristi dissanguati), una troupe televisiva riesce a farsi accettare da una bizzarra famiglia di vampiri senza rimetterci le penne e comincia a girarne un documentario sulla vita, le leggi e le abitudini.
Ci troviamo nella regione francofona del Belgio, dove la vita scorre tranquilla, i servizi sono efficienti e ognuno fa ciò che gli pare, purchè l’idilliaca facciata resti intatta. La società si è resa rapidamente conto dell’utilità sociale dei vampiri: è la stessa polizia a fornire sottobanco il nutrimento di cui hanno bisogno sotto forma di immigrati irregolari e altri derelitti. A quest’ultimi ci si riferisce semplicemente con il temine di “Carne” e trascorrono quel che rimane delle loro esistenze chiusi in un recinto in giardino in attesa di fungere da pasto. In questo contesto facciamo la conoscenza del capofamiglia Georges, della moglie Bertha e dei figli Samson e Grace. Georges e Bertha sono rispettivamente un viscido e una semi-ritardata fuori di testa mentre l’adolescente Grace mescola la passione per le bare rosa a tendenze emo, cercando di suicidarsi in continuazione nei modi più plateali (dandosi fuoco con la benzina, impiccandosi in bella vista) nonostante sia immortale. A chiudere il cerchio troviamo un’ex prostituta, una sorte di “Carne” d’elite a cui è concesso vivere in casa e far parte della famiglia, e una coppia di vampiri che vivono nello scantinato. Secondo le leggi dei vampiri, a coloro che non hanno figli , o per meglio dire una progenie, non è permesso comprare casa: lei non riesce ad evitare di uccidere i possibili candidati, lui idem con l’aggiunta di tendenze pedofile. Lo spettro del mostro pedofilo di Marcinelle non abbandona il cinema belga.
Sarà lo scavezzacollo Samson a creare i maggiori problemi infrangendo la più importante legge dei vampiri (il cui codice vige da generazioni sin dal Conte Dracula…), cioè mai fregare la donna al capo, causando l’esilio in Canada per tutta la famiglia. Il Canada non è il Belgio, l’amoralità lascia il posto a una pacifica integrazione tra umani e vampiri, e le difficoltà d’adattamento si faranno sentire.
Delle due anime che compongono Vampires, la voglia di divertire lo spettatore prevale nettamente su quella di sconcertarlo. Se si esclude qualche sporadico bagno di sangue ripreso utilizzando la visuale notturna, persino i rituali di banchetto sono carichi di macabra ironia.
Superbo lo script, non privo di riferimenti ai classici del cinema e della letteratura del genere ma assolutamente privo di punti morti. Vedere il leader della comunità di vampiri visibilmente in imbarazzo nel farsi intervistare da chi considera il suo pranzo non ha prezzo.

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