mercoledì 30 marzo 2011

TRON: Legacy - Recensione

TRON: Legacy
USA, 2010, colore, 125 min
Regia: Joseph Kosinski
Sceneggiatura: Edward Kitsis, Adam Horowitz
Cast: Jeff Bridges, Garrett Hedlund, Olivia Wilde, Bruce Boxleitner, James Frain, Beau Garrett, Michael Sheen, Anis Cheurfa, Cillian Murphy

Le luci blu al neon che si stagliano sullo sfondo nero ci sono, gli omaggi al precursore del 1982 e le citazioni degli ultimi venti anni di cinema di fantascienza ci sono, l’onnipresente latex che riveste le fanciulle c’è, la colonna sonora dei Daft Punk con tanto di cameo dei due alfieri della dance elettronica pure, gli effetti speciali che aggiornano splendidamente le linee vettoriali da videogame degli esordi del primo Tron ci sono. La domanda che ci si pone a questo punto è una: Tron Legacy è in possesso di una trama e di personaggi in grado di appassionare lo spettatore? Non ci sperate. Gli sceneggiatori hanno capito che ricorrere al cocktail Matrix, suddiviso equamente tra spettacolari scene d’azione, filosofia new age d’accatto e vestiario cool, è il modo migliore per non scontentare nessuno. Danno anche il contentino ai geek più irriducibili inventandosi delle creature biodigitali chiamate ISO (isomorphic algorithms), senza dimenticare che la Disney è la Disney e, per quanto ridotto all’osso, un travagliato rapporto padre-figlio deve esserci per contratto e obbligatoriamente deve giungere ad una felice risoluzione. Kevin Flynn (Jeff Bridges), il geniale creatore di videogame rinchiuso da molti anni (o meglio dire cicli) nell‘universo virtuale da lui stesso creato, viene tratteggiato in maniera assai diversa rispetto al primo film. Da simpatico sbruffone si trasforma dapprima (nei flashback) in una sorta di messia dei poveri per poi ritirarsi a vita isolata lanciandosi, quando trova un pubblico, in misticheggianti demenzialità new age. Per fortuna non difetta di autoironia (“Sam, stai interferendo col mio stato zen”) rendendosi un po’ meno ridicolo. Da parte sua, il figlio Sam (Garrett Headlund), che in mancanza di una figura paterna è cresciuto come uno scavezzacollo tutto moto, hacking e sport estremi manco fosse un neozelandese qualsiasi (che notoriamente non hanno una mazza da fare), non ha il benché minimo spessore. Jeff Bridges, nel doppio ruolo di Flynn e del suo alter ego digitale Clu creato con lo scopo di dar vita al sistema perfetto, è stato scansionato per registrare i movimenti del corpo e del volto in motion capture e quindi ringiovanito sulla falsariga di quanto fatto con lo Schwarzenegger di Terminator Salvation. Peccato che quando si voglia far passare quest’ibrido per un giovane Flynn nel mondo reale i risultati siano oltremodo grotteschi. Nel caso di Clu, che è un programma, a livello concettuale le cose vanno leggermente meglio (nonostante gli altri programmi siano interpretati da attori in carne ed ossa) ma resta inguardabile lo stesso. È andata anche peggio al povero Tron, ridotto a muta macchietta piroettante grazie all’onnipresente malefico influsso di Matrix.
La Disney, ancora una volta, dimostra di sapere il fatto suo nella scelta dei registi e se decide di affidare svariati milioni di dollari nelle mani di un regista esordiente con all’attivo solo alcuni spot pubblicitari lo fa con cognizione di causa. La formazione da architetto di Joseph Kosinski ha avuto sicuramente il suo peso nella scelta e il regista dimostra di trovarsi a suo agio con il minimalismo al neon degli ambienti. La curiosità di vederlo nuovamente all’opera, magari con un soggetto scritto di suo pugno come nel caso di Oblivion, è tanta.
Nel 1982 i primi personal computer si affacciavano al mercato domestico, l’immaginazione spaziava verso orizzonti sconosciuti e l’inventiva dello spazio virtuale di Tron lasciò esterrefatti gli spettatori conferendogli lo status di cult movie anche senza una trama che brillasse per complessità. Nel 2011 ci si stupisce di meno ed è impossibile che Tron Legacy abbia un impatto paragonabile a quello del predecessore ma, se l’occhio vuole la sua parte, ne rappresenta il perfetto upgrade.

mercoledì 23 marzo 2011

Il barbaro che non ti aspetti: teaser trailer per Ronal The Barbarian

Thorbjørn Christoffersen e Kresten Vestbjerg Andersen colpiscono ancora. Dopo aver parodiato la fantascienza spedendo in missione spaziale un manipolo di danesi ubriaconi, sboccacciati e psicotici in Journey To Saturn, film che abbiamo tradotto e non s'è filato praticamente nessuno, eccoli prendere di mira il fantasy sword and sorcery che imperversava negli anni 80 tra mutande di peluches e pettorali depilati. Sicuramente un ottimo antidoto al reboot di Conan il barbaro (ce n'era davvero bisogno?) in uscita quest'estate. Ne riparleremo in sede di sottotitoli.








venerdì 18 marzo 2011

La meute - Sottotitoli

La meute
Francia/Belgio, 2010, colore, 90 min
Regia: Franck Richard
Sceneggiatura: Franck Richard
Cast: Yolande Moreau, Émilie Dequenne, Benjamin Biolay, Philippe Nahon, Eric Godon

Sottotitoli La meute

Charlotte (Émilie Dequenne), una giovane e ignara automobilista, molestata da una banda di centauri, offre un passaggio ad un giovane dall'aspetto innocuo, Max (Benjamin Biolay), finendo per ritrovarsi in un'inquietante locanda gestita da una corpulenta donna, La Spack, in cerca di vittime da offrire a mostruose creature che escono ogni notte dalle viscere della terra.



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