martedì 12 luglio 2011

Priest - Recensione

Priest
USA, 2011, colore, 87 min

Regia: Scott Charles Stewart

Sceneggiatura: Cory Goodman

Cast: Paul Bettany, Karl Urban, Cam Gigandet, Maggie Q, Lily Collins, Brad Dourif, Stephen Moyer, Christopher Plummer, Alan Dale, Mädchen Amick



Priest è ambientato in un mondo alternativo devastato da secoli di guerra tra umani e vampiri. La guerra venne vinta grazie al contributo dei preti guerrieri, addestrati per diventare delle perfette macchine di morte. Una volta completata la loro missione, i Preti vennero considerati obsoleti e caddero nel dimenticatoio mentre buona parte della popolazione si rinchiuse all’interno di distopiche città fortificate sotto l’egemonia della Chiesa. Altri preferirono invece creare avamposti nel deserto e vivere come novelli coloni. Quando la nipote Lucy (Lily Collins, un bel manichino inglese con le sopracciglia di Frida Kahlo) viene rapita dai vampiri, Prete (Paul Bettany) rompe i voti e si avventura in sua ricerca accompagnato dal ragazzo di lei (Cam Gigandet, che ha i capelli come l’omino dei LEGO e la stessa espressività), nella speranza di trovarla prima che venga vampirizzata.

Dopo averci deliziato con Legion, che rimarrà per sempre scolpito nella memoria per la raffinata psicologia dei suoi personaggi e per gli angeli palestrati con le tecnomazze roteanti, l’accoppiata Scott Stewart/Paul Bettany torna a colpire. Fare di meglio non era certo difficile, considerando anche il fatto che si sono risparmiati la fatica di inventarsi tutto di sana pianta e hanno preso spunto da un fumetto coreano. Premetto che non ho mai letto l’omonimo manhwa di Hyung Min Woo e non posso esprimermi sulla fedeltà di questo adattamento ma non ci riporrei molte speranze. Probabilmente del fumetto ha solo il nome. In ogni caso meglio un Priest appiattito e occidentalizzato che un Legion. Il risultato è un filmetto leggero che fila via spedito - e ci credo, dura un’ora e un quarto! - frullando insieme western, teocrazia, preti guerrieri che saltellano in slow-motion e gli onnipresenti vampiri che stanno diventando più insopportabili degli altrettanto onnipresenti zombie. Dal canto suo, Stewart è l’ennesimo esponente dell’attuale trend che promuove gli specialisti degli effetti visivi a registi. Tanto per dirigere Priest mica bisogna essere degli attenti indagatori della psiche umana ma sapersela cavare con l’integrazione degli effetti in CG. In questo caso il massiccio ricorso al green screen è inversamente proporzionale alla personalità del regista, pari a quella di un’oloturia, che lo porta a saccheggiare senza vergogna da tutta la recente produzione snyderiana e andersoniana (mi riferisco a Paul W.S. naturalmente). Dico solo che non pensavo che qualcuno si sarebbe spinto persino a scopiazzare le inquadrature di 300. Inutile starci a pensare troppo - se avessi voluto pensare non mi sarei certo lanciato nella visione - meglio lasciarsi trasportare dal ritmo forsennato della narrazione. Si passa senza un attimo di tregua dalla Città Cattedrale, debitrice in egual misura della Los Angeles di Blade Runner (il set è lo stesso) e del mondo immaginario di Franklyn, al deserto post-apocalittico che si trasforma in far west. In questo amalgama di generi è proprio il western ad avere una parte preponderante tramite un’operazione di aggiornamento di situazioni e stereotipi. Ci sono i coloni vestiti come nella casa nella prateria e lo sceriffo pistolero Cam Gigandet, c’è l’assalto al treno in corsa carico di vampiri in cui i cavalli vengono sostituiti da roboanti motociclette eco friendly ad energia solare, ci sono i vampiri rinchiusi nelle riserve come i nativi americani e via discorrendo.
Per quanto riguarda il cast, spero che Paul Bettany sia guidato da una cospicua dose di autoironia nella scelta dei ruoli perché altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi. Dopo il monaco palestrato de Il codice da Vinci, l’angelo palestrato di Legion e il prete palestrato di Priest non oso immaginare chi sarà il prossimo. Comunque è oramai palese che preferisca lanciare croci-shuriken assumendo pose cool piuttosto che imparare le battute. La presenza scenica c’è sempre ma sono lontani i tempi di Gangster No. 1, quando perforava lo schermo con quello sguardo glaciale da psicopatico degno di Malcolm McDowell (non per nulla nel film interpretano lo stesso personaggio a distanza di anni). I tempi della recitazione non monosillabica. Il versatile Karl Urban, invece, aggiunge un altro personaggio insulso alla sua lunga collezione di personaggi insulsi mentre Stephen Moyer ogni volta che sente pronunciare il termine vampiri, alza la manina e risponde presente. Anche se non gli fanno fare il vampiro e muore subito. Ma la palma del peggiore del lotto spetta all‘omino dei LEGO, i cui numerosi ed impietosi primi piani sono indice di sadismo nei suoi confronti ancor prima che verso lo spettatore. Cameo in computer grafica per la regina dei vampiri per farci capire che stanno già pensando al sequel. Amen.

Prima clip per Hell


Avevo già parlato in precedenza di 2016: Das Ende Der Nacht, post-apocalittico teutonico diretto dall’esordiente Tim Fehlbaum e prodotto dal re dei disaster movie e alfiere del patriottismo a stelle e strisce Roland Emmerich, a cui si deve sicuramente il cambiamento di titolo. Si è optato per Hell, di respiro internazionale ma piuttosto banalotto. Qui su Freezone accogliamo sempre ben volentieri la notizia di un nuovo titolo di questo sottogenere della fantascienza che sta tornando in voga negli ultimi tempi, animati dalla speranza che sia cupo e disperato come i capolavori sovietici degli anni ‘80 e soprattutto privo di ammiccamenti teocon e presunti superstiti all’apocalisse con la panza da Oktoberfest (ogni riferimento a Codice Genesi è puramente voluto). A dispetto del produttore, per questo film avverto inspiegabili vibrazioni positive.
Hell uscirà nelle sale tedesche l’11 settembre, di seguito clip e sinossi:

Metà della superficie terrestre è desertificata a causa di sconvolgimenti climatici, la popolazione è in larga parte estinta e i sopravvissuti sono costantemente in cerca di cibo e acqua e di un luogo che consenta condizioni di vita sostenibili. Marie (Hannah Herzsprung) e la sorella minore Leonie (Lisa Vicari) cercano, con l'aiuto di Peter (Lars Eidinger), di raggiungere le montagne dove sembra che piova ancora. L'accordo è semplice: Peter fornisce protezione alle due sorelle e condivide con loro le sue scorte di cibo e Marie lo ripaga in natura. Si mettono in viaggio bordo di una sgangherata station wagon solo per rimanere ben presto a secco. Inevitabili spiacevoli incontri si frapporranno al raggiungimento della loro meta.

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