mercoledì 17 agosto 2011

L'angolo dell'inutilità parte seconda

L’avevo detto che l’angolo dell’inutilità prima o poi sarebbe tornato ed eccoci qui. Consiglio a tutti di recuperare la prima parte, decisamente più ispirata perché pare che ultimamente su Freezone giunga gente un po’ più normale (almeno stando alle chiavi di ricerca, eh) e le keyword hanno perso in mordente rispetto all’anno scorso. Inoltre il tempo scarseggia, tra esattamente tre ore ho un aereo da prendere e non posso scrivere troppe vaccate. Glisserò su erotomani, pervertiti di varia natura e fan di Bobby Eden perché nessuno di loro ha perversioni così originali da meritarsi una citazione.
Cominciamo con di che marca sono gli occhiali da sole di resident evil afterlife che è solo una delle decine di chiavi di ricerca che hanno come oggetto il feticismo da occhiali da sole che coinvolge i personaggi di Resident Evil (con Wesker sugli scudi), l’intramontabile Denzel Washington in Codice Genesi e persino Gary Oldman sempre nel sopracitato filmaccio post-apocalittico.
galeazzi pasto nudo non sta né in cielo né in terra. Come protagonista di qualche delirio allucinatorio partorito da Burroughs non ce lo vedo proprio e dubito anche che Galeazzi rifletta su quello che ha sulla punta della forchetta e si senta raggelato.
Non so quale sia la canzone in the running man durante il balletto e non lo voglio sapere.
In fuoco su messicani implacabile running man avverto una malsana goduria.
film di esperimenti genetici 2010/film di esperimeti genetici del 2010/film esperimento genetico 2010 appartengono tutte allo stesso strano individuo che spero abbia almeno capito il film che sta cercando è Splice.
erik van looy sirene americane mi fa sprofondare nello sconforto: dopo aver tessuto le lodi del regista fiammingo per non essersi fatto sedurre dalle sirene di Hollywood, scopro che sta girando il remake del suo Loft in terra americana. Tristezza…
catapulta di orione penso si sia confuso con i bastioni mentre sienna guillory afterlife che tette non è al corrente dei miracoli del push-up.
Siccome sono buono do una dritta a film fantascienza polizia giapponese contro androidi: non sono jappi bensì coreani ed il film è Natural City che tralaltro è una schifezza.
vin diesel anabolizzanti è abbastanza palese e dolph lundgren i cappelli mi lascia un po’ perplesso, non sapevo che condividesse con la regina Elisabetta questa malsana passione. Chiudiamo con richard cypher mutande che purtroppo per lei/lui viene spedito direttamente alla pagina di Ronal the Barbarian!
Au revoir!


mercoledì 10 agosto 2011

The Devil's Rock

The Devil's Rock
Nuova Zelanda, 2011, colore, 83 min

Regia: Paul Campion

Sceneggiatura. Paul Finch, Paul Campion

Cast: Craig Hall, Matthew Sunderland, Karlos Drinkwater, Gina Varela, Jessica Grace Smith


Non sarà un capolavoro ma trovare un filmozzo horror straight-to-dvd che riesce a non far venire voglia di scaraventare il suddetto dvd fuori dalla finestra come un frisbee è già qualcosa. L’accoppiata nazisti e occulto si dimostra ancora una volta terreno fertile per l’horror a basso budget, irrisorio in questo caso, che negli ultimi tempi ha goduto di un paio di produzioni felici (Outpost, Dead Snow). Ci sarebbe anche Blood Creek su cui, bell’incipit in bianco e nero a parte, è meglio stendere un velo pietoso. The Devil’s Rock vede due commado neozelandesi, lo smilzo capitano Grogan (Craig Hall) e l’appesantito sergente Tane (Karlos Drinkwater), in missione di sabotaggio alla vigilia del D-Day. Lo scopo è quello di far saltare in aria un cannone antiaereo posto su una remota isola del canale della Manica per allontanare l’attenzione dei crucchi dalla Normandia. I due baldi Kiwi approdano sull’isola in canoa, si fanno strada attraverso la spiaggia pesantemente minata e giungono al complesso di bunker che immaginano essere pieno di nazisti da far secchi con discrezione. Immaginano bene solo a metà, le gallerie sono sì piene di nazi ma a farsi secchi ci hanno già pensato da soli. Grida femminili distraggono dalla missione i nostri eroi che decidono, non l’avessero mai fatto, di indagare. Un brivido mi corre lungo la schiena quando uno dei due viene catturato da un colonnello nazista superstite (Matthew Sunderland) e sembra che TDR prenda una svolta da torture porn che per fortuna si risolve in un nulla di fatto. Non è il momento per gli interrogatori: il problema maggiore dell’evocare demoni alla ricerca dell’arma definitiva è che le cose non vanno mai come dovrebbero. In questo caso la demonietta si presenta sotto forma di ragazza sexy (Gina Varela) incatenata al muro per una caviglia quando è in modalità manipolatoria mentre di base è una lussuriosa creatura di colore rosso, sicuramente imparentata con Re delle Tenebre di Legend, che ha un orgasmo ad ogni spargimento di sangue. Il mio personaggio preferito (dei quattro presenti, più svariati cadaveri come arredamento) rimane comunque il colonnello Meyer che disegna pentagrammi dappertutto e pronuncia incantesimi in maniera talmente enfatica da far sganasciare dalle risate. The Devil’s Rock sfrutta bene i pochi ambienti a disposizione (un paio di stanze e qualche corridoio ripresi da ogni angolazione possibile) e nel complesso non soffre della pessima realizzazione tecnica di molte produzioni direct-to-dvd. La regia di Paul Campion, che nasce come tecnico della WETA, anche se ha a che fare con demoni desnudi si dimostra incredibilmente pudica e non mostra carnazza. In compenso il buon Campion ha un’inclinazione al foot fetish peggio di Tarantino.



lunedì 8 agosto 2011

Singularity 7

Per il primo lavoro da tuttofare (sceneggiatura&disegni), Ben Templesmith sceglie la fantascienza, mettendo il suo stile frenetico e brutale al servizio di un delirio nanotecnologico di inaudita cattiveria. Trasportati da un meteorite caduto sulla Terra, i naniti, nanomacchine autoreplicanti capaci di manipolare la materia, cambieranno ogni cosa. La fusione dei naniti con un uomo qualunque determina infatti la creazione di un essere capace di piegare la materia alla sua volontà e che al principio utilizza questo dono tecnologico a sostegno dell’umanità. Ma qualcosa va storto e l’ospite va fuori di testa: all’uomo idealista si sostituisce una divinità tecnologica folle e cannibale che fagocita miliardi di persone per mezzo dei naniti e costringe i superstiti a vivere sottoterra stile Matrix. A parte questo particolare e il look dei personaggi, le analogie con il film dei fratelli Wachowski si fermano qui; l’universo di Matrix a confronto di quello rappresentato in Singularity 7 sembra l’allegro villaggio dei puffi. Lande desolate e strane guglie aliene, squadroni della morte interfacciati con un dio virtuale, katane e smembramenti, Singularity 7 è questo e molto altro. Un’apocalisse più angosciosa di un trip andato a male condita con sferzate di ironia nerissima. Consigliatissimo.

Edit: Non pensavo fosse stato tradotto e invece ho scoperto che esiste anche una versione italiana dal titolo 7 Singolarità che per qualche strano motivo pluralizza il titolo originale.

domenica 7 agosto 2011

A somewhat gentle man - Sottotitoli

En ganske snill mann
Norvegia, 2010, colore, 105 min

Regia: Hans Petter Moland

Sceneggiatura: Kim Fupz Aakeson

Cast: Stellan Skarsgård, Bjørn Floberg, Gard B. Eidsvold, Jorunn Kjellsby, Bjørn Sundquist, Aksel Hennie, Jannike Kruse, Julia Bache-Wiig, Jan Gunnar Røise


En ganske snill mann poggia interamente sulle spalle cadenti del gigante Stellan Skarsgård che finalmente si prende una pausa dalle marchette hollywoodiane (deprimente l’ultima apparizione in Thor…) e a cui l‘aria scandinava fa benissimo. Ulrik (Stellan Skarsgård) è un appena uscito di prigione per omicidio. Eppure, tutto si potrebbe pensare di lui tranne che sia una persona cattiva e facesse parte di una banda di malviventi. Affronta ogni situazione facendo spallucce, si accontenta dello stretto necessario e, per una strana forma di riconoscenza, si concede a qualsiasi donna gli cucini un pasto caldo. Giovani e attempate, magre e grasse, non ha importanza. La sua unica preoccupazione è il recupero del rapporto col figlio, la cui compagna è a sua volta incinta. Ma Ulrik ha anche un conto da saldare se vuole dare una svolta alla sua vita.

A SOMEWHAT GENTLE MAN SOTTOTITOLI


sabato 6 agosto 2011

Falling Skies, quando non sono i cieli a cadere…

Avrei voluto postare già da tempo qualche impressione su questa serie oramai spernacchiata dai più e che grazie all’ingombrante partecipazione in veste di produttore di prezzemolino Steven Spielberg è stata riconfermata per una seconda stagione ma il mio decorso post-operatorio, flagellato da una serie di sfighe che mai mi sarei aspettato per qualcosa di così banale, me l’ha impedito. Ora che sono nuovamente in possesso di più della metà delle mie comunque ridotte facoltà mentali posso brevemente rimediare. Il contributo di Spielberg è ingombrante per modo di dire perché con ogni probabilità si è limitato a dare il beneplacito autorizzando un copia e incolla di spunti e tematiche dalla sua corposa filmografia con la consueta enfasi rivolta all’esaltazione dei valori familiari. Si da il caso poi che se lo sceneggiatore sia Robert Rodat, che ha scritto Salvate il soldato Ryan e Il patriota, quindi l’uomo giusto per parlare di resistenza a stelle e strisce a tutte le forme di invasione, aliena compresa. Non che ci abbia messo un impegno particolare dato che per la caratterizzazione del protagonista principale interpretato da Noah Wyle ricicla persino il “suo” Tom Hanks del soldato Ryan, professore di storia idealista convertito all’uso delle armi e circondato da caproni ignoranti. Per non parlare del fatto che qualsiasi evoluzione a livello di trama (risvolti sentimentali, elaborazioni del lutto, riscoperta dei sentimenti paterni, cattivi che si scoprono non così cattivi) è talmente prevedibile da non lasciare alcuno spazio all‘immaginazione. Inoltre non riesco a capire quale sia la molla che faccia impazzire il livello glicemico portandolo a livelli di guardia. Si alternano momenti di melassa su cui si indugia fin troppo a situazioni con gente rapita dagli alieni (la ragazza del figlio di Noah Wyle) che viene dimenticata tempo cinque minuti e mai più nominata. Questi particolari mi sono stati forniti da Case in quanto ho interrotto di seguire la serie precisamente alla quarta puntata, in occasione del tremendo finale teocon con preghiera collettiva e ringraziamo il Signore perché gli alieni ci hanno invaso e massacrato però noi siamo vivi e stasera abbiamo del cibo e la tua misericordia non ha limiti. La ragazza fanatica religiosa mi aveva già infastidito in precedenza ma nessuno sembrava darle troppo peso quindi ok ma se gli altri personaggi cominciano a prestarsi a simili momenti deliranti senza battere ciglio perché nemmeno la perplessità è consentita, allora la strada intrapresa non mi piace per niente. E addio ai laser da b-movie anni 80 del pilot e a Will Patton (il più inutile e meno carismatico dei minatori/astronauti di Armageddon) e al suo buffo parrucchino biondo.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...