lunedì 8 febbraio 2010

Il pasto nudo - Recensione

Naked Lunch
Canada/UK/Giappone, 1991, colore, 115 min
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Cast: Peter Weller, Judy Davis, Ian Holm, Roy Scheider, Julian Sands, Joseph Scoren

William Seward Burroughs viene considerato lo scrittore americano più innovativo della metà del secolo scorso, a cui si ispirarono nomi del calibro di Allen Ginsberg e Jack Kerouac. La sua opera più famosa, Il pasto nudo, è costituita da un insieme di testi disparati scritti durante il soggiorno di Tangeri, una raccolta di testi e abitudini sulla sua tossicomania e le sue allucinazioni. Il pasto nudo di Cronenberg non è l’adattamento di un libro inadattabile, ma il racconto cronenberghiano del processo che conduce alla genesi de Il pasto nudo e alla nascita di William Burroughs scrittore. Ma fedele al suo stile, Cronenberg ci descrive questo processo non in modo documentario, ma dall’interno. Ci impone una visione allucinata e mai esplicativa della creazione artistica. Nel film viviamo l’avventura di William Lee (pseudonimo di Burroughs ai tempi de La scimmia sulla schiena) che ha scelto la sregolatezza del senso e l’esilio prima di scrivere qualsiasi cosa. Ci troviamo di fronte ad un mondo completamente illusorio partorito dalla psiche del protagonista, in cui tutti i personaggi sono invenzioni di Bill Lee. Assisteremo quindi alla trasformazione di New York in Interzona, una zona fluttuante dell’allucinazione dalle sembianze di una Tangeri mitica da film di spionaggio (ricostruita con la dovuta artificiosità). Burroughs all’epoca del suo soggiorno nordafricano non credeva più nella letteratura, non voleva scrivere e soprattutto non voleva essere considerato uno scrittore. Quest’atteggiamento può essere riscontrato nel film di Cronenberg. Bill Lee, alias William Burroughs, rifiuta di essere uno scrittore, è solo un agente segreto che scrive “rapporti”. Rapporti che gli vengono dettati da una macchina da scrivere-insetto che si esprime attraverso una bocca-sfintere. In seguito si scoprirà che l’insieme di tali rapporti forma un’opera intitolata Il pasto nudo. Bill è quindi come una “macchina da scrivere” che non si accetta e trova nel massiccio ricorso alla droga e all’allucinazione l’unico rimedio per superare tale denegazione. Quando gli amici Martin ed Hank (raffigurazioni rispettivamente di Allen Ginsberg e Jack Kerouac) scoprono che Bill vede nella sua farmacia portatile la macchina da scrivere-insetto che usa per battere i suoi rapporti, non fanno assolutamente nulla perché comprendono che saranno proprio queste allucinazioni a permettergli di scrivere la sua grande opera. E nel mondo senza frontiere fra realtà e immaginazione che risponde al nome di Interzona, Bill riuscirà a scrivere il suo libro trasformando, letteralmente, la sua vita in un’opera d’arte.
La sceneggiatura è stata scritta a partire da elementi biografici (la corrispondenza con Ginsberg) che servono da prologo a un romanzo che si scrive sotto i nostri occhi. Cronenberg inoltre inventa capitoli interi che non appartengono né alla biografia (il rapporto con la coppia Frost, in realtà la coppia Bowles), né al romanzo (le macchine da scrivere insetto) ma che risultano potenzialmente credibili. Qualche citazione e qualche situazione provengono da Il pasto nudo (con rimandi anche a Lettere da Tangeri e Interzona), ma nella maggior parte dei casi si ha a che fare con la perfetta fusione fra l’universo di Cronenberg e gli scritti di Burroughs. “L’adattamento” di un testo estremo come Il pasto nudo era una sfida che in pochi avrebbero osato accettare e che Cronenberg supera a pieni voti. Peter Weller si dimostra all’altezza fornendo l’interpretazione migliore della sua carriera.

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