lunedì 14 giugno 2010

Codice Genesi - Recensione

The Book of Eli
USA, 2010, colore, 118 min
Regia: Albert e Alan Hughes
Sceneggiatura: Gary Whitta
Cast: Denzel Washington, Gary Oldman, Mila Kunis, Ray Stevenson, Jennifer Beals, Tom Waits, Michael Gambon


The Book of Eli si aggiunge alla recente ondata di titoli post-apocalittici che parte da Io sono leggenda per finire con The Road, passando per il film d’animazione 9 e una miriade di b-movie. Il film dei fratelli Hughes cerca disperatamente di differenziarsi e di vendere se stesso attraverso sequenze di arti marziali dal sapore fumettistico sbandierate nel trailer senza riuscire minimamente a elevarsi dalla mera riproposizione di materiale riciclato dal vasto panorama del genere. Pronti per l’ennesima scampagnata in territori desertificati sulla scia di Mad Max e L’uomo del giorno dopo condita con una spruzzata di Fahrenheit 451?

Il misterioso Eli (Denzel Washington) attraversa ormai da trent’anni quel che rimane dell’America, costantemente diretto verso ovest, in cerca del luogo che porrà fine alla sua missione. Inforcando perennemente occhiali da sole tremendamente cool, prosegue il suo solitario pellegrinaggio senza tentennamenti, custodendo gelosamente un libro che “legge” in ogni momento possibile e utilizzando per difesa personale un enorme machete stile Mr. Crocodile Dundee. Giunto in una cittadina prosperata grazie ad una riserva d’acqua, dopo aver sgominato una banda di motociclisti predoni, viene condotto al cospetto di Carnagie (Gary Oldman in una delle sue peggiori interpretazioni), il boss locale. Quest’ultimo, dalle evidenti manie di grandezza sottolineate dalla lettura della biografia di Mussolini, è disperatamente in cerca del testo sacro che ritiene contenga le frasi giuste per far presa sulla gente. Impressionato dall’abilità nelle arti marziali dello straniero solitario cerca di reclutarlo per la sua maniacale e finora infruttuosa ricerca. Trovare una copia della Bibbia non è impresa facile dato che, dopo la guerra, per esorcizzare la causa dell’apocalisse innescata dal fanatismo religioso vennero usate per accendere un bel falò. Eli rifiuta ma Carnagie, convinto che abbia qualcosa da nascondere, gli concede una notte per riflettere e costringe la bella Mila Kunis a carpirne i segreti. Eli naturalmente incarna l’implicito ruolo conferitogli dal nome. È l’uomo della Provvidenza, il custode della Parola tanto agognata da Carnagie che sguinzaglierà il suo esercito personale per impadronirsi del libro.

Nulla di nuovo sotto il sole. Che il genere post-apocalittico nella sua struttura narrativa attinga a piene mani dal western non è una novità. Così come non è una novità la consolidata convenzione stilistica fatta di carcasse di automobili disseminate su aridi deserti sotto un sole accecante. The Book of Eli ci propone tutto questo amalgamandolo col l’indole fumettistica dei fratelli Hughes (già autori di From Hell, dall‘omonimo graphic novel di Alan Moore) e una moderata dose d’azione per aumentare la vendibilità del prodotto. La prima mezz’ora, pur senza dimenticare che l’originalità non abita da queste parti, riesce a intrattenere lo spettatore grazie all’ottima fotografia, che si presenta come un misto tra il videogame Fallout 3 e il suggestivo Northfork, e scene di combattimento all’arma bianca ben coreografate. Certo, il protagonista Denzel Washington con il viso pasciuto e la pancia è fin troppo in carne per essere un viaggiatore solitario che si nutre solamente di gatti mutanti in un mondo dove i viveri scarseggiano ma tant’è. Difetto minore se si considera la restante ora e mezza di film fatta di dialoghi piatti e insulsi, interpretazioni che non si discostano dalla media dei film d’azione, la mancanza di un personaggio femminile che vada aldilà del semplice soprammobile e una cronica mancanza di qualsivoglia tensione. Come se non bastasse il percorso intrapreso dagli sceneggiatori inscrive il film in quel filone teocon che dopo quell’abominio di Knowing e la fine dell’amministrazione Bush pensavamo esserci lasciati alle spalle. Il dualismo tra fede come strumento capace di dare vigore (Eli) e istituzioni religiose che vogliono utilizzare la fede come arma (Carnagie) è solo uno specchietto per le allodole. La meta di Eli, di cui si conosce solo una vaga collocazione ad ovest, si rivelerà essere l’isola di Alcatraz nella baia di San Francisco. Riciclatasi come ultimo baluardo della civiltà e dov’è asserragliato quel che resta dell’esercito, in essa si conduce un’opera di conservazione di tutto il materiale artistico e culturale del mondo pre-apocalittico. Secondo la logica americocentrica del film saranno gli Stati Uniti i guardiani del passato e i protettori del nuovo mondo. La salvezza è da ricercarsi rigorosamente nell’Occidente quindi. Qui il tomo della Bibbia, una volta riposto sullo scaffale contenente gli altri testi sacri, giganteggia per altezza e voluminosità.
Il poster inquadrato a più riprese in camera di Eli è quello di A Boy and His Dog.

9 commenti:

Woody ha detto...

Il peggior film post-apocalittico che abbia mai visto.. Davvero orrendo insignificanete, superficiale e dannatamente stupido!

Morrigan77 ha detto...

Apprezzabile la fotografia fastidiosissimi i contenuti. Preferisco tacere sui finali soprattutto quello spaccone della Kunis

Anonimo ha detto...

denzel washington panzone e invasato? no grazie

Woody ha detto...

Credo che l'interpretazione di Denzel Washington sia invece l'unica cosa che si salva...

Udo Kier ha detto...

di solito denzel sta un po' più attento nell'operare le sue scelte professionali.. stavolta ha toppato di brutto! meglio che mi fermo qui prima che divento blasfemo

Woody ha detto...

Si Udo hai ragione... Poi la storia che anceh lui nella sua vita privata legge sempre la Bibbia ogni giorno mi sembra proprio una bella trovata commerciale...

Anonimo ha detto...

Washington panzone e invasato? La Bibbia una trovata commerciale? Accidenti, ve ne fate di pippe mentali ogni volta che vedete un film. Sono il primo a dire che The Book of Eli non è un Gran film(con la G maiuscola), però si lascia vedere. Sta nel mazzo insomma. Mi ha divertito parecchio il commento "Denzel panzone"... Ma vi pagano per mettere alla berlina ogni singola imprecisione di un lungometraggio? Anche in un mondo dove scarseggiano i viveri, si può aver la fortuna di scampare a giorni di magra. Magari il nostro Eli, in situazioni precedenti al film e quindi non mostrate allo spettatore, aveva avuto la fortuna di incappare in qualche "banchetto" più consistente di quello offerto da un misero felino rachitico. Pensatela in questo modo.

Count Zero ha detto...

Sia benedetta la sospensione d'incredulità

Anonimo ha detto...

Non intendo esprimere giudizi sul film, a parte il fatto che Gary Oldman è sempre un grande e prima o poi saranno costretti a dargli l'Oscar.
Per il resto, vi invito a ricordare che anche un bellissimo film come Blade Runner ha toppato alla sua uscita: a incassato pochissimo al botteghino e ha ricevuto critiche vergognosamente negative. Curioso il fatto che adesso sia sbandierato come un capolavoro proprio da coloro che prima lo avevano messo alla berlina.
A buon intenditor, poche parole...

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