martedì 12 ottobre 2010

Interceptor - Il guerriero della strada

Mad Max 2/The Road Warrior
Australia, 1981, colore, 95 min

Regia: George Miller

Sceneggiatura: Geroge Miller, Terry Hayes, Brian Hannant

Cast: Mel Gibson, Bruce Spence, Michael Preston, Max Phipps, Vernon Wells, Kjell Nilsson, Emil Minty, Virginia Hey, Arkie Whiteley


Il grande quanto inaspettato successo di Interceptor/Mad Max (1979) spinse il regista George Miller a realizzarne un sequel che raggiunse una notorietà di gran lunga superiore a quella del predecessore. Il cinema di fantascienza aveva già trattato in passato scenari post-apocalittici ma nessun film seppe entrare così prepotentemente nell’immaginario collettivo come Interceptor - Il guerriero della strada. Le potenzialità apocalittiche dell’outback australiano, il talento visivo e il senso del ritmo di Miller nelle sequenze automobilistiche, i costumi che potevano essere concepiti solo negli anni 80, hanno reso il film un modello di riferimento per un numero consistente di epigoni in ambito cinematografico nonché fonte d’ispirazione per altre forme espressive come il fumetto (Ken il guerriero) e i videogiochi (la serie di Fallout su tutti).

Al termine del primo film il poliziotto Max Rockatansky (Mel Gibson) era riuscito ad ottenere la sua vendetta a spese dello spietato gruppo di motociclisti colpevoli di avergli massacrato la famiglia. Dal trattamento riservato all’ultimo teppista possiamo constatare che la paura di Max si è infine concretizzata, è diventato uno psicopatico. Mad Max a tutti gli effetti. Lo avevamo lasciato così, un uomo svuotato di qualsiasi sentimento umano che a bordo della mitica V8 Interceptor sfreccia per autostrade deserte.

Interceptor - Il guerriero della strada si apre sulla voce fuori campo di un narratore che descrive brevemente la guerra e gli avvenimenti successivi che sono sfociati nel ritorno al medioevo barbarico. Come ogni storia post-apocalittica, il film ci presenta un mondo a soqquadro, un avvertimento riguardo a ciò che temiamo essere capaci di fare al mondo attuale. Avvisaglie di regressione sociale erano già presenti nel primo Mad Max ed ora si può dire che il percorso è arrivato a compimento. Da segnalare che non vi è nessuna menzione negativa della tecnologia e che, anzi, la sua quasi totale perdita viene nominata in tono nostalgico dal narratore. Soltanto nel terzo episodio Mad Max - Oltre la sfera del tuono verrà fatto riferimento ad un olocausto nucleare ma anche in questo caso la critica sarà rivolta alla natura dell‘essere umano.

Max continua la sua esistenza senza una meta, vagando a bordo della sua fida macchina per le “Terre Perdute” alla costante ricerca di benzina, divenuta l’unico oggetto di valore. Le sue azioni non sono più guidate dall’odio e dalla vendetta. Prevale in lui una totale indifferenza nei confronti di tutto ciò che lo circonda a meno che non possa recargli vantaggio. Compagno d’avventure nel suo vagabondare è un cane chiamato semplicemente cane, a sottolineare i debiti del film nei confronti di A Boy and His Dog, uno dei primi esempi cinematografici di scenario desertico post-atomico. L’ex medico George Miller ripone la consueta attenzione ai dettagli: per tutto il film Max indossa un tutore per la gamba. D’altronde se ti polverizzano la rotula con un colpo di pistola di certo non vai in giro saltellando.

Le Terre Selvagge sono territorio di caccia di una banda di predoni, gli Humungus, che hanno preso d’assalto una raffineria attorno alla quale un gruppo di sopravvissuti ha costruito una comunità fortificata. Questa Grande Tribù del Nord (grande per gli standard post-apocalittici) vede in lui un salvatore ma Max accetterà il suo ruolo messianico solo quando non avrà più nulla da perdere.

Il sottogenere post-apocalittico da sempre si approssima al genere fondativo per eccellenza, il western. In questo caso in luogo dove potere beneficiare di una seconda possibilità e procedere alla rifondazione è rappresentato dalle zone costiere. Sarà proprio Max a fungere da diversivo, guidando la motrice di un camion cisterna corazzato, permettendo alla comunità di darsi alla fuga e dando vita ad una delle spettacolari sequenze d’inseguimento che hanno reso famosa la trilogia. Dei tre film è quello che propone il tasso di violenza più elevato: alla doppietta a canne mozze di Max è concessa un po’ d’azione ma occhio a non sottovalutare i boomerang. Meno “grezzo” del primo ma forse ancora più cupo (aspetto che si perderà nel terzo ammorbidito episodio che risente del contesto produttivo hollywoodiano) resta un film imprescindibili per qualsiasi appassionato di fantascienza post-apocalittica che si rispetti.


PERSONAGGI


V8 Interceptor

Menzione d’onore per l’ultimo degli intercettori V8, la mitica automobile di Max. Viene assemblata nel primo episodio, un giocattolone fatto a misura di Max per invogliarlo a non lasciare la polizia. In Mad Max 2 il suo ruolo non è determinante come nel primo film (dove riesce a lasciare il segno comparendo per appena 15 minuti), infatti rimane inattiva per la maggior parte del tempo e giunge ad una triste fine che non sono mai riuscito a mandare giù. Per adattarsi alle esigenze post-apocalittiche, in questa versione viene equipaggiata con due grossi serbatoi di benzina e una carica esplosiva per ogni evenienza.

Cane

Fedele compagno di Max ed unico essere per cui provi empatia al punto da proteggerlo con il proprio corpo dalla folla inferocita quando la Grande Tribù del Nord ancora non si fida di lui. Si sacrifica per salvare il padrone.

The Gyro Captain

Un vagabondo esattamente come Max. Manco a dirlo, domina i cielo a bordo del suo girocottero. Sopperisce alle carenze fisiche con una certa dose d’ingegno preparando imboscate e addomesticando serpenti velenosi. Salva Max dalla morte dopo che l’arroganza di quest’ultimo ha ridotto la V8 ad ammasso fiammeggiante, rivelandosi più coraggioso di quanto non dia a vedere. Si lega sentimentalmente alla biondina senza nome e quando il Capitano Valiant passa finalmente a miglior vita lo sostituisce come capo della comunità. Una curiosità: Bruce Spence, l’attore che presta il volto al personaggio, interpreterà un ruolo analogo in Mad Max 3 pilotando stavolta un aereo agricolo.

Feral Kid

Un bambino selvaggio che vive nelle vicinanze della raffineria. Incapace di parlare una lingua strutturata si esprime grugnendo e ringhiando. Trova in Max un surrogato di figura paterna ma quello non ne vuole sapere. Ciononostante lo aiuta in diverse occasioni e apre in due la testa del cantante dei cugini di campagna con un colpo di boomerang.


La Grande Tribù del Nord

Pappagallo/Capitano Valiant

Come dall’originale nome di Pappagallo si sia giunti al Capitano Valiant della versione italiana è uno dei grandi misteri del doppiaggio.Viso da pugile e zazzera bionda, non si sa per quali meriti è il leader riconosciuto della comunità. Le sue doti di stratega rasentano l’imbarazzante: tutti quelli che prendono parte alle sue straordinarie pensate diversive crepano in maniera orribile. Idealista di quelli irritanti, riesce a farsi ferire al primo assalto Humungus e a farsi prendere a pugni da Max dopo un pistolotto insopportabile. Nell’inseguimento finale, cerca di alleggerire la pressione al camion facendosi inseguire da un paio di vetture Humungus. In pratica scompare dalla scena. Quando riappare, crepa.

Warrior Woman

Inizialmente non si fida di Max (fatto comprensibile) ma finirà per ricredersi e ammettere il suo errore. Fiera combattente e altruista, sembra uscita da He-Man e i dominatori dell’universo. È l’unica sulla cui morte la regia indugia tristemente.

The Captain’s Girl

Quando scoppiò la guerra stava seguendo le lezioni di aerobica di Cindy Crawford e il suo abbigliamento sta lì a confermarlo. Nonostante non si sia più cambiata da allora, sembra relativamente pulita e il pilota di girocottero perde la testa per lei. Hanno la possibilità di volare via insieme ma decide di non abbandonare i compagni.

Uomo col turbante

Va in giro vestito come un beduino ed è fondamentalmente una carogna. Invece di servirsi di Max per recuperare la motrice del camion propone semplicemente di eliminarlo e tenersi la V8. Questo suo chiodo fisso permane anche quando Max onora l’accordo e decide di lasciare la comunità. Se Pappagallo ha un unico pregio è quello di avere uno spiccato senso dell’onore e lo ignora. Muore nel peggiore dei modi nella parte finale con sommo gaudio dello spettatore.


Humungus

Lord Humungus

Carisma allo stato puro. È eccezionale vedere questo blocco di granito ambulante vestito come He-Man, con una maschera da hockey a coprire il volto sfigurato, che parla forbito. Al contrario della sua controparte Pappagallo, dimostra di avere le idee chiare e un’ottima conoscenza della strategia del terrore. Quando è “altamente contrariato” usa un revolver con mirino telescopico o estrae da non si sa dove un arpione e lo pianta nella schiena di Pappagallo. Unico punto debole: il protossido di azoto.

Wez

Una bestia scatenata, un Gattuso post-apocalittico con la cresta mohawk. L’unico che riesce ad entrare nella raffineria fortificata ed uscirne illeso dopo aver combinato sfaceli. Possiede doti acrobatiche non indifferenti come dimostrano i suoi salti mortali con avvitamento e quando gli uccidono il concubino impazzisce ancora di più tanto che Lord Humungus deve letteralmente tenerlo a guinzaglio.

Golden Youth

Altri non è che il cantante dei cugini di campagna smarritosi nell’outback. La sua esistenza non sembra cambiata più di tanto, ha solo cambiato padrone. Adesso è la concubina di Wez.

The Toadie

“Greetings from The Humungus! The Lord Humungus! The Warrior of the Wasteland! The Ayatollah of Rock and Rolla!”

sabato 9 ottobre 2010

2022: i sopravvissuti

Soylent Green
USA, 1973, colore, 97 min

Regia: Richard Fleischer

Sceneggiatura: Stanley R. Greenberg

Cast: Charlton Heston, Edward G. Robinson, Leigh Taylor-Young, Joseph Cotten, Chuck Connors, Brock Peters




Tratto liberamente dal romanzo “Largo! Largo!” di Harry Harrison, 2022: i sopravvissuti è un classico esempio di quella fantascienza settantiana che fa della mutazione sociale la sua figura sovrana estremizzando problematiche come la sovrappopolazione e l’esaurimento delle risorse.


Anno 2022. Stravolgimenti climatici hanno causato un vertiginoso aumento delle temperature e l’estinzione di buona parte delle specie animali e vegetali. Le poche fattorie rimaste, che nel film non si vedranno mai, sono sorvegliate e svolgono la loro funzione a beneficio esclusivo dei potenti. Unica forma di sostentamento per la popolazione povera e affamata è rappresentata dai prodotti a base di plancton della multinazionale Soylent. Nell’ambito dell’indagine sull’omicidio di un ex dirigente della multinazionale, il poliziotto Thorn (Charlton Heston) coadiuvato dall’amico Sol (Edward G. Robinson) scoprirà il funzionamento del sistema e la reale macabra origine degli alimenti della Soylent.

La vicenda si svolge in una New York sovrappopolata (si è raggiunta la cifra di 40 milioni di persone), caotica e decadente come una metropoli del terzo mondo. Ogni ambiente disegna efficacemente la classe sociale di riferimento. I ricchi vivono in spaziose abitazioni con prostitute incluse nella mobilia (vengono infatti definite “arredamento”) e possono godere dei sempre più rari cibi genuini. I poveri condividono ambienti sovraffollati, che si tratti di casermoni o di scalinate diroccate, e si sobbarcano attese interminabili per una razione di soylent verde. In questa società che non ha memoria di sé (ben pochi sanno leggere e i libri sono prerogativa degli anziani qui in versione custodi del passato) e vive in un presente fatto di privazione, l’eutanasia è incoraggiata. Essa si svolge come un rituale (non per nulla il luogo adibito alla dolce morte è chiamato il Tempio): le immagini di paesaggi naturali ormai perduti con sottofondo di musica classica mostrano al cittadino il mondo com’era. Da questo punto di vista 2022: i sopravvissuti si pone in netto contrasto con la ferma presa di posizione contro l’eutanasia di Rollerball di Norman Jewison, dove l’idolo delle folle interpretato da James Caan si rifiuta di autorizzare quella dell’amico e compagno di squadra ormai ridotto allo stato vegetativo.

La fotografia del veterano Richard H. Kline svolge efficacemente il compito di accentuare la desolazione degli spazi, bloccando le immagini di New York sulle tonalità più spente del marrone, del grigio e del verde. Solo alla comparsa dei titoli di coda ha luogo una vera e propria esplosione cromatica con le immagini di paesaggi naturali idilliaci. Proprio i titoli di coda sono basati su di un montaggio di immagini e musiche analogo a quello del rituale dell’eutanasia dando vita all’operazione retorica di paragonare lo spettatore all’umanità moribonda di un mondo imbarbarito descritta nel film.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...